Qualche settimana fa ho avuto modo di tornare a visitare una zona d’Italia di cui vi avevo già parlato in passato: mi riferisco a Maniago, in provincia di Pordenone, e ai suoi dintorni. Un nome che forse ai più potrà non dire molto, ma che è in realtà ricca di cose da fare e da vedere. Colgo quindi l’occasione per ampliare ciò che vi avevo raccontato e proporvi un itinerario in Friuli da replicare in un weekend: cosa vedere e cosa fare nel Parco delle Dolomiti Friulane in tre giorni.
Dolomiti Friulane: cosa vedere in un weekend
Giorno 1: Maniago e Poffabro
La base per questo weekend friulano sarà Maniago, città delle coltellerie di cui vi avevo già parlato in questo articolo. Si trova in posizione centrale rispetto alle località da visitare, perciò vi consiglio di cercare una camera qui e spostarvi poi in giornata.
Per ambientarvi ed iniziare a conoscere il territorio, iniziate col visitare il Museo dell’Arte Fabbrile e delle Coltellerie: rimarrete sorpresi da quanta storia si può celare dietro una “semplice” lama. Sapevate ad esempio che le spade utilizzate in Braveheart vengono proprio da qui?
Per ammirare Maniago dall’alto vi consiglio poi di raggiungere il suo castello, in auto oppure a piedi con una camminata di qualche ora lungo l’anello del Monte Jouf e della Valpiccola.
Poco distante da qui si trovano anche uno dei borghi più belli d’Italia, Poffabro, un piccolo presepe a cielo aperto che si riempie di decine di altri presepi durante il periodo natalizio, e la vicina Frisanco. Entrambi i borghi sono interessanti testimonianze dell’architettura tradizionale della Val Colvera.
Dal 2004 l’Ecomuseo regionale delle Dolomiti friulane Lis Aganis si occupa attivamente di promuovere questo territorio attraverso numerose attività: percorsi didattici, mostre, eventi e molto altro.
Per saperne di più, scoprire i percorsi studiati tra Acqua, Sassi e Mestieri, avere altri spunti su cosa fare in zona e anche per imparare cosa sono “Lis Aganis”, vi consiglio di dare un’occhiata al loro sito.
Giorno 2: Val Tramontina
Per il secondo giorno ci spostiamo in Val Tramontina, iniziando così ad esplorare la natura della zona. L’attrazione principale da queste parti è senz’altro quella delle Pozze Smeraldine, diventate improvvisamente celebri qualche anno fa grazie a un articolo del Guardian. Le Pozze sono delle piscine naturali formate dal fiume Meduna, che grazie al fondale di roccia bianca e alla luce del sole diventano di uno splendido color smeraldo. In estate sono molto frequentate – a volte anche troppo, quindi tenetelo a mente se volete passare di qui ad agosto – e i più temerari possono azzardare anche un bagno nelle fredde, verdi acque.
Le Pozze Smeraldine si raggiungono percorrendo un breve sentiero da Tramonti di Sopra, troverete diversi cartelli che indicano il parcheggio e l’inizio della strada.
Dopo questa bella passeggiata naturalistica, potete esplorare i tre borghi principali della valle: Tramonti di Sopra, di Mezzo e di Sotto. Ma anche scattare qualche foto al lago di Redona e – se il livello dell’acqua è basso – cercare di avvistare i resti dei villaggi che furono sommersi per creare questo bacino artificiale.
Giorno 3: Barcis + Vajont
Altro giorno, altra valle: puntiamo il lago di Barcis con i suoi splendidi colori e la vicina Strada Vecchia della Valcellina. Quella che era l’unica strada di collegamento con la pianura all’inizio del Novecento, oggi è un bel percorso ciclo-pedonale affacciata sulla Forra del Cellina. Si accede nel periodo estivo con un biglietto di 3€, chi lo desidera può aggiungere altri 3€ per percorrere il Ponte Tibetano che è stato realizzato proprio sopra il torrente. Nel prezzo è inclusa tutta l’attrezzatura – imbragatura e casco -, vi basterà rivolgervi al centro visite.
Dopo aver esplorato la Valcellina, tempo di rimettersi in viaggio fino ai confini con la provincia di Belluno. È proprio qui, al confine tra due Regioni, che si trova la valle del Vajont, un nome che purtroppo non ha bisogno di presentazioni. Da trevigiana, con parenti nel bellunese, mi era capitato più volte di vedere la diga dalla strada, ma dal 2007 è possibile percorrere a piedi il suo coronamento e la tappa finale del nostro tour è stata proprio questa. Non vi dirò che è una visita “facile”, perché è chiaro che si prova un senso di angoscia molto forte nel camminare sul filo di un’opera così maestosa e così tragica. Nel sentirne raccontare nuovamente la storia, nel confrontare il livello del terreno dall’una e dall’altra parte della diga, rendendosi presto conto che quello è il volume – enorme – della frana. È qualcosa di incredibilmente pesante dal punto di vista emotivo, ma credo anche sia una di quelle visite doverose, una volta nella vita, per non dimenticare mai quanto tante piccole scelte sbagliate fatte da persone assolutamente comuni possano condurre a un disastro.
A questo link trovate le informazioni per prenotare una visita al camminamento del Vajont.
Per non chiudere questo itinerario in Friuli con l’animo troppo pesante, prima di ripartire vi consiglio però una visita al “Bosco Vecchio”. Si può raggiungere con una visita guidata più lunga (ma al momento le prenotazioni non sono disponibili), oppure in autonomia partendo dal parcheggio degli autobus. In questa zona boschiva, che prima del 1963 si trovava centinaia di metri più in alto, una parte degli alberi franati ha resistito, contro ogni pronostico, riadattandosi. Alberi piegati ma non del tutto spezzati, dove i rami si sono trasformati in nuovi tronchi sporgendosi verso il cielo per sopravvivere. Un ultimo messaggio di speranza, di cui si ha sempre bisogno.
Dove e cosa mangiare
L’occasione per tornare a Maniago e nelle Dolomiti Friulane è stata un’iniziativa di promozione della Pitina IGP, perciò non posso che partire da lei. La Pitina è un salume di carne ovina o di selvaggina, molto speziato, con una caratteristica forma a polpetta ricoperta da farina di mais. È tipica proprio di queste zone e i suoi produttori si stanno impegnando per promuoverne la tradizione, creando tra le altre cose il club di prodotto “Pitina&Friends”.
Altre ricette tradizionali che non possono mancare da queste parti sono il classico frico, a base di formaggio, patate e cipolla, i cjarsons simili a ravioli, spesso con ripieni molto particolari per l’abbinamento dolce/salato, o ancora orzotti, risotti, piatti di carne e molto altro.
Questi sono alcuni ristoranti che abbiamo avuto modo di testare (anche troppo!) e che vi consiglio:
- Trattoria alla Casasola: a due passi dal centro di Maniago, un ambiente elegante ma senza rinunciare a quel calore accogliente delle trattorie tradizionali. A proposito di promozione della Pitina, non perdetevi la “Mesta alla Casasola”, un antipasto ricchissimo (e buonissimo) che ha guadagnato al ristorante il premio Mattia Trivelli.
- Palazzo d’Attimis: sempre a Maniago, impossibile non citare l’Antica Taverna di Palazzo d’Attimis, la splendida residenza nobiliare che domina Piazza Italia. Oggi all’interno si trovano appunto un ristorante – com’è ovvio, molto elegante – e alcune camere.
- Trattoria Ai Cacciatori: poco distante da Maniago, e precisamente a Cavasso Nuovo, si trova questa trattoria molto più rustica che puntualmente finisce sulle guide gastronomiche. Gli ingredienti: prodotti a chilometro zero, ricette tradizionali ma con abbinamenti inconsueti, e sicuramente tanta passione dei titolari.
- Trattoria La Pignata: altro indirizzo da segnare, questa volta tra i vicoli di Poffabro. Non perdetevi lo splendido panorama dalla terrazza esterna.
- Trattoria Julia: infine un’ultima trattoria a due passi dalla diga del Vajont, ottima tappa per visitare anche i borghi di Erto e Casso – toccati ma per fortuna non distrutti dalla tragedia. Si trova proprio accanto al laboratorio di Mauro Corona.
Dove dormire a Maniago
Come base per questo itinerario tra le Dolomiti Friulane vi consiglio di dormire a Maniago, ad esempio all’Eurohotel Palace, a due passi da Piazza Italia e con camere spaziose.